giovedì 4 febbraio 2016

THE REVENANT - Consigli non richiesti.

Mi sono voluta mantenere sul classico, ma questo post avrei tranquillamente potuto intitolarlo "La storia di un viaggio", perché io dentro a quel cinema con gli occhi incollati allo schermo sono andata lontano.


The Revenant potrebbe quasi essere il viaggio di Leonardo verso gli Oscar, nel senso che più meno l'ha vissuta così.
I'm kidding, The Revenant è un viaggio attraverso una fotografia che lascia senza fiato - e mi inchino a Lubetzki che andrà a prendersi il suo terzo meritatissimo Oscar - , è un viaggio attraverso il dolore e la forza di un uomo aperto in due - quasi letteralmente - che si muove spinto dall'amore.
Sì, è vendetta, potreste dirmi voi, voglia di avere giustizia, una giustizia su misura.
Ma no, io l'Hugh Glass di questa pellicola voglio vederlo mosso prima di tutto dall'amore per quel figlio perduto.

Perché The Revenant è un viaggio che si fa attraverso i proprio occhi.


All'uscita dal cinema ho detto ai miei compagni di avventura che l'avevo amato nonostante non fosse il mio genere, ma poi ci ho ripensato.
Cos'è il mio genere?
Io guardo tutto, perché mi piace criticare le cose, dire sempre la mia, osannare quello che mi è piaciuto; quindi no, forse non è vero che non è il mio genere. Forse, più semplicemente, nessuno fino ad ora era riuscito a tenermi incollata allo schermo mentre un cavallo veniva sventrato.
Perché The Ravenant va oltre, ti fa andare oltre a alle membra del cavallo, al fegato mangiato con le mani e al pesce morso vivo.
Io non sono amante degli western, ma scommetto che chi di voi lo è può dire di non aver mai visto una scena di apertura tanto terrificante come quella che Inàrritu - si lo scriverò in maniera scorretta per tutto il post perché non so come mettere gli accenti su blogger I'm sorry - ci propone nei primi minuti del film quando tu sei ancora lì che stai cercando di capire, di ambientarti, e all'improvviso c'è morte che arriva, letteralmente, da tutte le parti.
È brutalmente poetico.

E ne ho lette di critiche all'ego di Inàrritu che potrei scriverci un saggio, e che ne abbia uno bello grosso - di ego - non lo metto in dubbio nemmeno io, ma non credo che ne abusi, anzi, penso che sappia esattamente dove metterlo.

Ora parliamo un attimo di questo Leonardo Di Caprio. 
Quest'anno più che mai tutta l'attenzione è su di lui e sulle sue probabilità di portarsi a casa quella statuetta.
Volete sapere cosa ne penso io? Per me quella statuetta la merita, quest'anno come molte altre volte, prima tra tutte quella in cui fu candidato per The Wolf of Wall Street. Di Caprio merita di essere riconosciuto come il grande attore che è e non più come il bel faccino che non trovò spazio sulla porta dopo il naufragio del Titanic.
Che poi andiamo, stiamo parlando di Titanic. Come può essere una brutta cosa essere legati ad un film del genere? Rientra tra le cose che non mi spiegherò mai - ma non mi spiego nemmeno la trama di Pretty Little Liars eppure continuo a seguirlo, quindi -.
Anyway lasciamo gli Oscar da parte e torniamo a noi, in The Revenant Leonardo è ancora una volta perfetto, riesce a tenere in piedi mezz'ore di film solo con gli occhi - e ok, sono dei signori occhi, ma insomma -, non una parola, solo mugolii di dolore, respiri corti e occhi stanchi che ti si incollano addosso.


Ma Di Caprio non era solo, e si è piacevolmente sentita la presenza di uno stupefacente Tom Hardy, che non ha immagini da bambolotto attaccate addosso e che riesce a tenere testa alla presenza di Leo. Non si fanno ombra a vicenda, si fronteggiano, si tolgono e si ridanno spazio, e vederli insieme sullo schermo è stato stupendo.
Per altro avevo visto giusto due sere prima Mad Max e l'avevo detestato profondamente per svariate ragioni che non sto qua ad elencarvi, eppure dopo The Revenant ho trovato qualcosa da apprezzare quando la consapevolezza di quanto camaleontico sia Hardy mi ha colpita dritta in faccia.
So, GO LEO e GO TOM.


Ma per pietà, date questa gioia a Di Caprio e a tutti quelli che come me attendono da anni di sentir chiamare il suo nome per ritirare quel premio.

In conclusione The Revenant è un film che ti resta addosso, che ti fa sentire freddo e ti fa rimpicciolire su quella poltrona rossa perché riesce ad essere tanto grande da non stare solo dentro lo schermo ma tutto intorno a te.
The Revenant è un film per palati fini - fatemelo dire che mi piace -.
E Inàrritu è un regista che non è per tutti.
Ma comunque il film nelle sale c'è, e io un tentativo fossi in voi lo farei.

Voto: 9+. Non gli diamo un dieci solo perché Leonardo non c'ha fatto vedere un po' più di fisico mentre entrava nel cavallo.


See ya soon.
xo xo

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